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Mi sono accostato con passione alla Bibbia dopo un viaggio in Israele fatto con la mia famiglia nel 1978

martedì 27 dicembre 2011

Povere riflessioni sulla Annunciazione Il vangelo di Luca ci parla dell’annuncio dell’angelo a Maria, mentre il vangelo di Matteo lo ignora e Marco racconta di Gesù all’inizio della sua missione in terra. Premetto che l’interpretazione, o ermeneutica dei passi evangelici di cui parleremo non è tutta farina del mio sacco, ma sono ricordi di lezioni a me molto care. Soprattutto mi sono care queste interpretazioni. Galati [4]) Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio... Quando venne la pienezza del tempo, cioè, quando tutta la storia, mandata avanti da Dio con mano sapiente, fu matura per ricevere il Figlio suo diletto, Gesù nacque. Il Signore aveva provveduto nei secoli a mandare dei profeti come Geremia, Isaia ecc. ad annunziare la venuta del suo unico Figlio nel mondo. Da ultimo Giovanni Battista predicava dal deserto la conversione in vista della venuta del Cristo. Preceduto da oltre 300 annunzi sulla venuta del Cristo profetati dagli inviati di Dio nell’arco dei secoli, Gesù, Figlio di Dio incarnato, apparve ai suoi contemporanei. Anche gli avvenimenti socio- politici erano stati preparati dal Signore per accogliere il Salvatore del mondo. Infatti, regnava la pax romana che se pur teneva i popoli soggetti, consentiva una certa tranquillità nel mondo allora conosciuto e soprattutto nella zona medio – orientale. Da circa trecento anni questa regione era sotto il dominio dei litigiosi eredi politici di Alessandro Magno, ma nel 63 a.C. Pompeo conquistò la Palestina, imponendo da allora la pax romana. Questo voleva dire facilità (sempre relativa, dati i tempi) di circolazione delle merci, delle persone e delle idee, possibilità di spostarsi da un capo all’altro del mondo senza incontrare guerre o sommovimenti. A questo va aggiunta la tolleranza religiosa dei romani, dovuta non a magnanimità ma a mero calcolo politico. I romani per mantenere questa pace avevano bisogno di finanziamenti che attingevano dalle popolazioni sottomesse mediante tributi e per stabilire l’entità dei tributi e dei contribuenti aveva bisogno di conoscere il loro numero. Da qui la necessità dei censimenti. Il popolo di Israele viveva ormai in Palestina seguendo la legge mosaica, anche se dal suo ritorno dall’esilio babilonese non aveva più conosciuto indipendenza politica, ma fosse rimasto nell’orbita delle grandi potenze allora dominanti. La sua unità era sancita dalla legge mosaica garantita da un consiglio supremo, il Sinedrio, scandita dalle ricorrenti feste religiose e soprattutto dalla festività della Pasqua che era celebrata tutti gli anni con grande partecipazione di folla proveniente da ogni parte della Palestina e anche dall’estero, dalla diaspora. Quasi tutte queste feste si celebravano in Gerusalemme rinsaldando così l’unità religiosa del popolo di Israele e la fedeltà a un unico vero Dio. Pertanto i tempi erano maturi per la venuta del Messia, dell’Unto del Signore, del Cristo. Vangelo di Luca: (Luca cap. 1) L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, [27]a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Il matrimonio in quel periodo era concordato tra i genitori dei futuri sposi all’età di dodici—tredici anni per le donne; e pertanto Maria non ne doveva avere di più. Era quindi una ragazza di un villaggio di nessuna importanza della Galilea, Nazaret (Nazaret è citata nella Bibbia solo tredici volte e tutte nel N.T.), certamente educata nel timore di Dio, come tutte le ragazze del tempo, ma di nessuna esperienza. E’ quasi certo che non sapesse leggere e scrivere, come tutte o quasi, le donne nell’Israele di quei tempi: lo studio della Torah non si addiceva alla donna. La donna aveva altri compiti nella società e nella famiglia. Come dice X. Leon Dufour nel suo Dizionario di teologia biblica, la donna in Israele, e in tutto il Medio Oriente, non uscì mai dallo stato di minorenne; il suo unico compito era quello della maternità. L’autonomia personale era limitata alla sfera domestica e non oltre. Come la donna araba odierna, forse, l’ebrea di allora era totalmente affidata al padre prima e al marito poi che ne era responsabile e che aveva l’obbligo di accompagnarla per strada, o di affidarla a un uomo della famiglia. Infatti, leggiamo nei vangeli che i “fratelli” di Gesù accompagnavano sempre Maria, sua madre, dopo che Gesù aveva iniziato la vita pubblica. Marco cap. 3) [21]Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé» (Matteo cap. 12) [46] mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. Vedi anche (Matteo cap. 13, 55). In conclusione, Maria non è mai sola; è sempre accompagnata dai cugini di Gesù perché lei non è autonoma e dipende dalle decisioni prese dai parenti, come quando “uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé». Maria non avrebbe mai detto né pensato una cosa del genere: Lei che sapeva e che meditava nel suo cuore. La libertà femminile è chiusa in uno schema rigido e impenetrabile e, come vedremo, solo Gesù Cristo rompe questo schema, e, forse, non ha ancora finito di romperlo. Solo gli uomini, i maschi avevano il diritto/ dovere di leggere la scrittura e di proclamarla. Ancora oggi il pio ebreo si rivolge a Dio, in tutta buona fede e sincerità di cuore, con queste parole: “ Benedetto sii tu, Dio nostro, per non avermi fatto né pagano, né donna, né ignorante”. Mentre la donna ebrea dice: “ Lodato, sii tu, o mio Signore, perché mi hai creata secondo la tua volontà”. Che alla donna non fosse concesso di accedere direttamente alla parola di Dio ne abbiamo un esempio nel Vangelo di Luca, nell’episodio di Marta e Maria. Per capire bene il brano occorre rifarsi all’episodio precedente del Dottore della Legge che chiede a Gesù cosa si deve fare per ereditare la vita eterna. (Lc 10,25). Marta accoglie nella sua casa Gesù perché forse lei è la sorella maggiore, quindi responsabile del buon andamento della casa, e si mette a sfaccendare per accogliere degnamente l’ospite illustre e rispettabile. “ (Lc10,39) Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; ” Anche Maria è cosciente di avere come ospite una persona eccezionale, si lascia affascinare dalle sue parole e si accoccola ai suoi piedi, come un discepolo. E come un discepolo pende letteralmente dalle sue labbra cercando di non perdere nulla dell’insegnamento di Gesù. Certamente anche a lei sono state insegnate e sa sbrigare quelle faccende domestiche cui è intenta Marta, la sorella maggiore. La sua visione sull’ordine d’importanza delle cose differisce totalmente da quello di Marta. Ed ecco che Marta si spazientisce, non capisce e disapprova la condotta immorale della sorella (Luca cap. 10)Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ecco che Marta si spazientisce e, “fattasi avanti”, non si rivolge alla sorella, ma, per dare maggior risalto alla sua protesta, si rivolge, impudentemente, secondo la sua concezione dei ruoli, a Gesù, all’ospite da cui lei doverosamente si tiene educatamente lontana, all’uomo che conosce la Legge, all’autorità del profeta di Dio, se non proprio al Messia. Questi certamente avrebbe dato il giusto valore alle sue parole e avrebbe scacciato dai suoi piedi quella sfacciata, usurpatrice di ruoli che non le competevano. In poche parole intendeva dire: “Manda via questa svergognata che, dimentica dei doveri e del posto spettante alle donne, ha messo i pantaloni e si comporta come un uomo; non le si addice. Cacciala via”. Era la voce non solo della tradizione di Israele ma della Legge stessa. (Luca cap. 10)[41]Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, [42, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Gesù taglia corto e le rammenta che una sola cosa è importante e questa a Maria non le sarà tolta: l’eredità della vita eterna, e la strada ed il modo per conquistarsela E’ questa la sola cosa di cui c’è bisogno e Maria l’ha capita. Gesù rompe lo schema della tradizione per elevare Maria al rango di discepolo consentendole di stare ai suoi piedi come qualsiasi discepolo. Con Gesù la donna assume altri ruoli fino allora impensati: da quasi sottoprodotto della creazione, da compagna di Adamo a lui sottomessa, a creatura di pari dignità e diritti. Questo doveva essere lo schema di vita insegnato a Maria, Madre di Gesù. Questo doveva essere l’ambito in cui si sviluppava la sua vita, in cui lei viveva: preghiera, lavoro domestico, pasti con preghiera di ringraziamento e ancora lavoro domestico preghiera e riposo notturno. Gli unici diversivi erano le feste religiose ricorrenti, il viaggio a Gerusalemme per la Pasqua, qualche matrimonio nella parentela o nel villaggio; ma esperienze religiose personali zero. In questa situazione di vita l’angelo Gabriele, l’inviato del Signore, comincia ad annunciarsi a Maria. Prima di procedere all’analisi dell’Annunciazione chiediamoci: Perché Maria? Che significato può avere questa nascita? Che cosa rappresenta Maria nell’eccelso e misterioso disegno di Dio per la salvezza? Maria era una modesta e umile “figlia di Gerusalemme”, completamente e perfettamente integrata nell’ebraismo, nella Legge mosaica e nella tradizione del popolo ebreo. In conclusione si può dire che Maria rappresentava (e rappresenta) l’anima e la fede del popolo ebreo. E in quest’anima e in questa fede, in cui si compendia tutto il Vecchio Testamento, il Figlio di Dio si fa carne, viene in mezzo a noi, innestandosi per così dire, Lui, il nuovo, nel vecchio. Il Nuovo Testamento, la nuova e definitiva alleanza che sarà suggellata sul legno della Croce, si lega al Vecchio Testamento nel seno di Maria. Ciò sta a significare che noi cristiani non possiamo in alcun modo dimenticare che fummo innestati nel tronco e nella fede del popolo ebraico. Il cristianesimo, senza il popolo ebraico e la sua tradizione, non ha radici, è spurio. Gli ebrei sono, come ha detto Giovanni Paolo II, i nostri fratelli maggiori. Detto questo, vediamo l’incontro di Maria con l’Angelo. (Luca cap. 1) [28]Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. [29]A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. Se pertanto l’angelo Gabriele si fosse presentato a lei, così come ce lo raccontano i vangeli o come fu dipinto dai pittori del nostro rinascimento, penso che lei si sarebbe non solo turbata ma addirittura terrorizzata. Mi pare più credibile pensare che lei abbia cominciato a sentire delle voci, delle chiamate, mentre era sola in casa, mentre andava o tornava dalla fonte a prendere l’acqua o in un qualsiasi momento della sua vita di giovane donna. L’approccio del Signore non è mai violento, non tende mai a traumatizzare ma a tranquillizzare, a rendere la persona serena e disponibile. Il Signore apparve diverse volte ad Abramo. Però Abramo si aspettava la visita del Signore: era in costante colloquio con Lui. Oppure Abramo intuì la presenza del Signore nei tre viandanti che gli apparvero alla quercia di Mamre. Ma mai ne fu turbato. Apparve moltissime volte a Mosè, e sempre il Suo approccio fu dolce. E così ai profeti. Ezechiele, Geremia ecc. sono stati visitati dal Signore ma sempre in modo discreto. Alla stessa stregua fu la chiamata di Samuele (1 Sam 3, 1-10). Samuele non sapeva da dove venisse quella chiamata e andava da Eli, il sacerdote, credendo che fosse lui a chiamarlo: (1Samuele cap. 3). Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. [9]Eli disse a Samuele: “Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”. Anche Maria aveva il suo Eli in Giuseppe, suo promesso sposo, cui confidava certamente i suoi più segreti pensieri, come è naturale che avvenga tra l’inesperta fidanzata e il promesso sposo, forse più maturo di lei. Certamente Giuseppe, a conoscenza della chiamata di Samuele, la consigliò di fidarsi del Signore e di affidarsi a Lui: “Parla, Signore, che la tua serva ti ascolta”. Ed è allora che l’angelo si presentò a lei per annunziarle i progetti del Signore. Ma il turbamento di Maria, in effetti, è dovuto al saluto che le rivolge l’angelo: “ kàire, kekaritomène” Che significa “Rallegrati, o piena di grazia”. “’O Kìrios metà sòu” che significa “ il Signore con te”. Cioè “Gioisci, stai allegra perché il Signore è con te, il Signore ti ama, ti apprezza e ti benedice” (Luca cap. 1)[29]A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. Avrà pensato Maria: “Che dovessi ricevere un messaggio dal Signore era ormai certo, ma non capisco che senso abbia questo invito alla gioia, a rallegrarmi. Certamente sono lieta che il Signore abbia chinato il suo sguardo su di me, ma a quale scopo ?” Ed ecco che l’angelo si affretta a chiarire lo scopo della sua visita, non prima di averle confermato la berakah, la benevolenza del Signore nei suoi confronti: (Luca cap. 1)31]Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. [32]Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre [33]e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Sarà opportuno soffermarci un po’ sulle parole dell’angelo. Queste chiariscono lo scopo della sua venuta, ma aprono una serie d’interrogativi. Questo bambino sarà dunque figlio di Maria perché lei lo concepirà e lo darà alla luce. Sarà figlio di Davide, poiché chiama Davide suo padre. E inoltre sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, cioè Figlio di Dio. Cominciamo da FIGLIO DI DAVIDE. C’è un chiaro riferimento alla profezia di Natan, il profeta di Davide cui preconizzò (2Samuele cap. 7) una casa farà a te il Signore. [12]Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. [13]Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. [14]Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio…non ritirerò da lui il mio favore. [16]La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre”. Ecco quindi che questo bambino erediterà il trono di Davide, sarà figlio di Davide, ne continuerà il regno (1Cronache cap. 17)11]Quando i tuoi giorni saranno finiti e te ne andrai con i tuoi padri, susciterò un discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e gli renderò saldo il regno. [12]Costui mi costruirà una casa e io gli assicurerò il trono per sempre. [13]Io sarò per lui un padre e lui sarà per me un figlio; non ritirerò da lui il mio favore come l’ho ritirato dal tuo predecessore. [14]Io lo farò star saldo nella mia casa, nel mio regno; il suo trono sarà sempre stabile”. E questo regno non avrà mai fine, sarà stabile per l’eternità (Isaia cap. [6]grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. (Geremia cap. 23) [5]”Ecco, verranno giorni - dice il Signore - // nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio // ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. (Marco cap. 12) [35]Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: “Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? [36]Davide stesso, infatti, ha detto, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: // Siedi alla mia destra, // finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. Mt 9,27 nota Figlio di Davide: titolo messianico ( 2Sam 7,1+; cf. Lc 1,32; At 2,30; Rm 1,3 ), comunemente accolto dal giudaismo ( Mc 12,35; Gv 7,42 ) e di cui Mt ha particolarmente sottolineato l’applicazione a Gesù ( Mt 1,1; Mt 12,23; Mt 15,22; Mt 20,30p; Mt 21,9; Mt 21,15 ). Gesù l’ha accettato solo con riserva, perché implicava una concezione troppo umana del Messia ( Mt 22,41-46; cf. Mc 1,34+ ), e gli ha preferito il titolo misterioso di Figlio dell’uomo ( Mt 8,20+ ). Questo bambino non sarà come una meteora che appare e scompare senza lasciare tracce né senza sapere da dove abbia avuto origine. La sua venuta è stata annunziata dai profeti molte volte nel corso dei secoli. Egli ha legami strettissimi con il re Davide e con gli antenati di lui, i patriarchi personificati in Giacobbe - Israele. E sarà anche Figlio di Dio come dice l’inizio del Salmo 110, salmo di Davide, citato da Marco al cap. 12. Come dice la nota al cap. 9,27 di Matteo l’espressione Figlio di Davide è un’espressione messianica citata nei vangeli 16 volte. Questo bambino viene da lontano, ha legami indissolubili con il passato, con la storia, con la storia di Dio e del suo popolo. Non sarà quindi uno sconosciuto, non sarà uno venuto dal nulla, ma chiunque saprà in Israele, e fuori, da dove proviene, chi sono i suoi padri. Nessuno potrà dire: “Non ti conosco”. Nel mondo ebraico il nome di una persona aveva una grande importanza significando esso l’essenza stessa dell’individuo, la sua particolare e irripetibile personalità. Ma accanto al nome proprio aveva un’enorme importanza anche l’identità degli ascendenti. Senza ascendenti, senza padri, senza antenati era difficile collocarlo nella società fosse essa tribale o nazionale: uno non esisteva. Anche tra noi, oggi, sebbene con connotazioni e significati differenti, nessuno può esistere nella società civile senza un cognome che fa evidente riferimento agli antenati, perciò tutti portiamo un secondo nome, oltre a quello proprio, personale, che riporta agli antenati. Ecco perché l’angelo precisa che il bambino porterà il sangue di Giacobbe ed erediterà il trono di Davide. Non ci sono e non possono esserci fratture fra il bambino concepito e i suoi padri. Egli sarà figlio di Maria. Maria lo accoglie nel suo grembo per il periodo della gestazione, Maria gli darà il suo sangue, Maria lo nutrirà durante la gestazione e dopo, Maria lo alleverà: Egli sarà quindi un uomo. Un uomo simile e tutti gli altri uomini. Avrà le stesse necessità di nutrimento, avrà bisogno, come tutti, delle cure parentali, sarà soggetto ad ammalare, a soffrire per la malattia, per una ferita. Dovrà imparare, apprendere come ogni bambino le cose più semplici. Si comporterà come ogni bambino, come ogni adolescente, come ogni ragazzo, come ogni adulto. Io amo pensare che il piccolo Gesù nella sua infanzia, proprio perché era un bambino come gli altri, abbia fatto anche qualche innocente capriccio. Nella sua vita terrena sarà soggetto a tutte le necessità e sofferenze umane, nessuna esclusa: sarà un uomo secondo tutti i punti di vista. Sarà pure soggetto a tutte le tentazioni: (Luca cap. 4)[13]Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione. In una cosa sarà differente: non sarà soggetto al peccato, non conoscerà il peccato. E come potrebbe? Potrebbe offendere se stesso? Sebbene fosse uomo e vero uomo era anche Dio e vero Dio. Parlando o pensando a Gesù siamo portati a pensare: “Tanto lui era Dio!” Sì era Dio ma anche vero uomo. Gesù aveva sentimenti comuni a molti. Sentiva compassione, per esempio. Più di una volta Gesù ebbe compassione del popolo che gli veniva appresso per ascoltarlo e guariva le loro malattie (Matteo cap. 9,36; 14,14; 15,32;26,37)(Marco cap. 1,41)(Luca cap. 7,12b ss; ), piangeva per la sorte riservata alla città di Gerusalemme Lc. .19,41), si commuoveva per l’amico morto (Giovanni cap. 11,33;38;12,27;13,21;). Gesù, come ogni uomo, aveva paura della morte e della sofferenza (Ebrei cap. 5,7) [7]Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; “E fu esaudito per la sua pietà”, dice il testo. Ma fu esaudito solo nel rendere sopportabile il suo supplizio, ma non nell’evitarlo: Egli era venuto per fare la volontà del Padre e questa la doveva fare fino in fondo. Nessuna caratteristica dell’uomo gli fu risparmiata: gioiva, si commuoveva, piangeva di gioia e di dolore, come tutti gli uomini sulla terra dalla creazione del mondo. Beveva e mangiava con piacere, gli piaceva stare con gli amici, i discepoli, ma anche con pubblicani e peccatori perché diceva di essere venuto per i malati e peccatori e non per i santi e pii. Li rimproverava per i loro peccati ma senza giudicarli e tanto meno condannarli perché nessun uomo può giudicare il suo simile. Egli li accettava per quello che erano cercando di correggerli con le parole e con l’esempio. Esempio di comportamenti e di parabole desunte dalla vita di tutti i giorni allora in Galilea e Giudea. Poneva esempi che tutti potessero controllare perché era la vita di tutti i giorni. Egli vedeva il pastore curare le proprie pecore come se fossero dei suoi figli e lui paragona se stesso al pastore delle pecore che ama le proprie pecore e le chiama una per una. Vede il seminatore seminare il proprio campo e applica il seminare e la semente alla parola di Dio che cade in terreni diversi. Grano, vino, otri per liquidi, pesci, pane, acqua, peccatori, adultere, pubblicani tutti è occasione per Lui per diffondere e proclamare la Parola di Dio: da uomo ad altri uomini, non da Dio agli uomini. E per ultimo, non perché meno importante ma proprio perché è la cosa più importante, ERA FIGLIO DELL’ALTISSIMO. L’altissimo è un attributo di Dio che nella Bibbia è ripetuta 113 volte a cominciare dai quei tre versetti di (Genesi cap. 14) [18]Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo [19]e benedisse Abram con queste parole: “Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, Creatore del cielo e della terra, [20]e benedetto sia il Dio altissimo, Che ti ha messo in mano i tuoi nemici”. Abram gli diede la decima di tutto. Questo titolo di Dio è a me assai caro: esso mi dà i brividi e mi fa immediatamente pensare alla mia piccolezza, alla mia insignificanza. I padri della Chiesa hanno visto nella figura di Melchisedek, re di Salem, cioè di Gerusalemme, la figura del Messia in generale e di Gesù Cristo in particolare perché offrì ad Abramo pane e vino, i simboli eucaristici. Questo Dio Altissimo che si china fino a terra mandando il suo unico Figlio Gesù che era Dio in tutto e per tutto simile al Padre, costituendo con lo Spirito Santo un’unica persona. Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio perché fosse crocefisso in riscatto dell’uomo. Dio chiese ad Abramo che gli sacrificasse il suo unico figlio, tanto amato. Ma non glielo prese: volle solo provare la sua fede. Il Suo figlio invece lo sacrificò sulla Croce perché l’uomo avesse l’opportunità di salvarsi. Ho detto bene “l’opportunità”, perché nessuno è salvo solo per il sacrificio di Gesù: lo sarà solo chi lo vuole. Dio ha tanto rispetto per la libertà dell’uomo che neppure in questo caso Egli interviene con un’imposizione. L’uomo è libero di scegliere la via del bene o quella del male: anche questo è una manifestazione dell’amore di Dio per l’uomo. Per assurdo possiamo dire che persino l’inferno, la perdizione e la punizione eterna sono una manifestazione dell’amore di Dio: l’uomo è lasciato libero di scegliere anche il male, anche di offendere Dio ignorandolo, negandone l’esistenza e persino maledicendolo, l’uomo è assolutamente libero anche di scegliere per se la morte eterna. Questo è l’amore di Dio. Se Dio costringesse l’uomo non sarebbe più amore: l’amore non può conoscere costrizioni. Dove c’è costrizione non ci può essere amore: amore e costrizione sono tra loro inconciliabili, amore si concilia solo con libertà. Questo Figlio unigenito del Padre, Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo, avrà la stessa natura divina del Padre suo. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe- Israele. Giacobbe dalle cui viscere ebbero origini tutte le tribù di Israele, il popolo di Israele e, per antonomasia, tutte le tribù del mondo, tutte le stirpi dei popoli. Questo fu quindi l’annuncio dell’angelo e Maria. (Lc 1, 34) . Maria non gli oppone delle obiezioni umane, ma “ com’è possibile ?”. Che cosa vuol dire? A che cosa si riferisce? Ogni donna ebrea considerava una benedizione di Dio avere un figlio, mentre Maria dice “com’è possibile ciò?” Non è che Maria si riferisse a un’altra realtà ben conosciuta dall’angelo perciò non c’era bisogno di spiegarla? E quale poteva essere questa? E’ un fatto che sulla maternità Maria manifesta un’idea diversa di quella dell’angelo. Maria intendeva dire che certamente l’angelo del Signore era a conoscenza del voto di verginità che lei aveva fatto e quindi non capiva come lei, avrebbe potuto avere un figlio. Che fosse questa l’impossibilità avanzata da Maria se ne ha conferma, quando dice: “ Non conosco uomo”. Se io dico “non fumo”, intendo dire che non ho fumato, che non sto fumando e che non intendo fumare, così Maria diceva: ”Non ho conosciuto uomo e non intendo conoscerlo e tu sai perché”. “Com’è possibile?” (Luca cap. 1) [35]Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Ecco che si risolve il problema della maternità conservando la verginità, oggetto del voto di Maria: Lei partorirà un figlio, e non un figlio qualunque ma uno che sarà chiamato Figlio di Dio, rispettando il suo voto di verginità, perché “ su te stenderà la sua ombra, la potenza dell’Altissimo”. (Un’altra lettura del brano è stata proposta leggendo: Colui che nascerà santo e dunque chiamato Figlio dell’Altissimo.) Slm. 17,8 Custodiscimi come pupilla degli occhi, Proteggimi all’ombra delle tue ali, Come dice il salmo, l’innocente troverà rifugio all’ombra delle ali di Dio. Come il popolo ebreo inseguito dal Faraone che lo voleva distruggere. Una nube oscura per il faraone e luminosa per il popolo ebreo proteggeva il popolo in fuga dalla schiavitù. Anche allora l’ombra della potenza di Dio si stendeva sul popolo: “Nulla è impossibile a Dio “. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo.”. Ecco l’annunzio di un evento eccezionale: ella concepirà senza conoscere uomo. Oggi diciamo che l’angelo le annunziava la sua partenogenesi: una gravidanza spontanea. Se noi crediamo che il Signore sia il Signore del cielo e della terra, anzi di tutto il creato, se crediamo che l’universo nella sua immensità sia frutto della mente di Dio, se crediamo che Dio abbia scritto le leggi che regolano la natura, se crediamo nell’onnipotenza di Dio, perché non dobbiamo credere alla lettera quanto l’angelo, comunicò a Maria. D’altronde non solo noi cristiani cattolici crediamo al concepimento verginale di Maria, ma anche i musulmani lo credono e lo affermano con l’intransigenza che li contraddistingue. Alla Sura 19,17b del Corano troviamo: “Le mandammo allora il nostro Spirito, che apparve sotto forma di uomo perfetto. Maria disse “mi rifugio contro di te nel Clemente, se sei timorato di Dio”. Gabriele rispose. “Io non sono che il messaggero del tuo Signore per donarti un figlio purissimo”. Maria rispose: “Come potrò avere un figlio, se nessun uomo mi ha mai toccata e non sono una donna dissoluta?” Gabriele rispose: “Così sarà! Il tuo Signore ha detto: “ E’ cosa facile per me”. Noi faremo di lui un segno per gli uomini e un atto di misericordia da parte nostra: “È cosa decretata!”. Maria dunque concepì il bambino e…………. Questo il Corano. Anche qui Maria pronuncia il suo SI, si rimette totalmente al volere di Dio. Lei quindi avrebbe avuto un figlio, il Figlio di Dio, senza conoscere uomo, secondo il suo voto. Com’era possibile che nel popolo di Israele ci fosse una donna che non desiderasse la maternità, quando, come dicevamo prima, la maternità era considerata una benedizione di Dio ed espressione della sua compiacenza? Penso, anche se di difficile dimostrazione, che in tutta la Giudea e la Galilea fossero abbastanza diffuse le idee di osservanza della Legge secondo l’interpretazione della comunità di Qumram, degli esseni. Questi predicavano una stretta osservanza della Legge, soprattutto del rispetto del sabato, della purificazione continua, dell’aiuto fraterno ed anche della continenza sessuale e del celibato, almeno per i monaci di Qumram. Si sa (sempre da Giuseppe Flavio) che accanto ai monaci di Qumran vivevano anche delle famiglie sposate. Molte delle loro idee non erano condivisibili, come l’odio per i nemici, i pagani, gli empi, gli storpi, i pazzi, i dementi ecc., ma altre, come quelle citate prima, erano certamente condivisibili e accettate. Non ci sono elementi a dimostrazione di questa tesi, ma certamente Giovanni il Battista ne subì in parte l’insegnamento e lo spirito di rigore morale. D’altronde gli stessi vangeli ci dicono che Giovanni viveva nel deserto e che si nutriva di quanto il deserto poteva offrirgli: locuste e miele selvatico. Giuseppe è molto probabile che conoscesse queste regole di vita e condividesse la stessa tensione morale che poi sarà di Giovanni il Battista, e che, pertanto, ne abbia comunicata notizia a Maria. Giuseppe e Maria erano dunque legati da un patto di castità l’uno e verginità l’altra e per questo la meraviglia di Maria: “ Com’è possibile?” Luca 1,35 Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Ecco un altro elemento importantissimo: “Colui che nascerà sarà santo”. Che cosa significa la parola “SANTO” nella Bibbia dove ricorre 354 volte? Innanzi tutto che è separato, diviso da tutto ciò che santo non è. Il Santo dei Santi era separato da un velo dal resto della tenda del deserto e così pure nel tempio di Gerusalemme. Esodo 26,33 Il velo sarà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei santi. Il Signore è separato da tutto ciò che non è santo e da tutto ciò che non è puro e santo. Egli è il santo per antonomasia e rende santo chi vuole. Certamente non poteva rimanere impuro il corpo di chi doveva ospitare il Suo Unigenito: Maria pertanto era pura e santa. (Levitico cap. 19)[2]”Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo. La Sua Santità è motivo di gioia, come dice Isaia profeta Is 12, 6) “Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele”. Questo è il motivo della gioia di Maria come le suggerisce l’angelo. Ma siccome lei, sull’esempio di Samuele, doveva dichiarare la sua disponibilità a Dio rispose: (Luca cap. 1)“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei. Maria, quasi certamente, non si rese conto a pieno del suo “SI’”, ma era convinta di essere al servizio del Signore e questo le era più che sufficiente. (Luca cap. 1) L’anima mia magnifica il Signore [47]e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, [48]perché ha guardato l’umiltà della sua serva. Il Signore si era degnato di volgere il suo sguardo su quest’umile serva, e questa sua umiltà era la sua gloria. E intanto Giuseppe? (Matteo cap. 1) [19]Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Spesso ci hanno presentato un San Giuseppe roso dalla gelosia, o, almeno, dal dubbio, preoccupato dei mormorii della gente del villaggio. Però Giuseppe era giusto. Giusto agli occhi del Signore significa senza peccato alcuno, completamente in pace con Lui, in perfetto accordo con la Giustizia di Dio. Ma allora perché Giuseppe pensava di allontanare Maria da sé? Non è più logico pensare che lui volesse allontanarsi da Maria, perché in tutta questa storia, di cui era certamente a conoscenza, non vedeva un suo ruolo. “ Maria”, pensava Giuseppe, “ rimane incinta per opera dello Spirito Santo di Dio per un compito che alla stessa Maria è vago e incomprensibile, ed io che ci sto a fare? Posso IO, che sono “niente”, ostacolare la volontà del Signore? Posso IO intralciare i Suoi disegni?” Non sapendo cosa fare pensò in cuor suo di rimandarla in segreto, senza fare scandalo, proprio per assecondare i progetti del Signore. Mentre però: (Matteo cap. 1) [20]Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. [21]Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. [24]Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, [25]la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù. Ecco che Giuseppe viene così a conoscere il suo ruolo in questo progetto di Dio, da cui lui non è escluso ma che deve portare avanti con Maria. (Luca cap. 2)[19]Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. E questo ovviamente valeva anche per Giuseppe che conservava nel suo cuore tutti questi avvenimenti e li meditava. Per Giuseppe non erano necessari grandi discorsi, bastava un piccolo cenno e Giuseppe obbediva: Matteo cap. 2) “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. [14]Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto. E se Maria sentirà il bisogno di magnificare il Signore che aveva guardato l’umiltà della sua serva non di meno, lo sentirà Giuseppe, che umilmente come visse e agì, sparì, senza lasciare altre tracce di sé, essendo la sua luce offuscata e quasi annullata dalla luce abbagliante del Signore. La sua luce non brilla non perché fiocca o senza meriti, ma perché noi siamo abbagliati dalla luce sfolgorante del Salvatore, cui fu padre generoso, premuroso e umilissimo. Povero San Giuseppe, espropriato persino della sua festa solenne il 19 marzo, relegato quasi nel dimenticatoio, ma che fa brillare ancora per chi la vuole e può vederla la sua luce fatta di purissima fede e di tanta, tantissima umiltà. San Giuseppe come visse tutti questi avvenimenti? Certamente non fu semplice spettatore, come abbiamo visto nell’Annunciazione a Maria: Giuseppe era certamente informato di tutti questi avvenimenti e li visse in prima persona condividendone con Maria, sua sposa, ambasce, dolori, preoccupazione e ansie come tutti i comuni mortali. Altra ipotesi. Giuseppe e Maria forse avevano fatto, come tutti gli sposi, dei progetti sulla loro vita coniugale, forse pensavano di condurre diversamente la loro vita. Il Signore però aveva altri progetti. Essi si sottomisero alla volontà del Signore pur non comprendendo cosa, effettivamente, il Signore voleva da loro. Ma pur non comprendendo essi si piegarono in umiltà e abbandono totale alla volontà di Dio. Non sospettavano neppure quali difficoltà e dolori avrebbero dovuto superare, specialmente Maria, spettatrice impotente alla crocifissione del Figlio. Tutta questa storia rivisitata criticamente nell’ambito della fede costituisce per noi, come lo è stato per tanti cristiani nell’arco di 2000 anni, un fulgido esempio di umiltà, di sottomissione completa e senza mormorazioni o rimpianti al volere di Dio. Quali sono le nostre considerazioni per finire? Ora sappiamo quale fu il ruolo di Giuseppe e di Maria nell’opera di redenzione che il Signore si degnò di mandare all’uomo, ma forse ci sfugge ancora il simbolismo della loro figura umana. L’Antico Testamento ha avuto i profeti che spiegavano al popolo, quale fosse il volere di Dio, il Nuovo Testamento ha i Santi che con la loro vita ci hanno illustrato nei secoli quali, deve essere il comportamento del credente ed ha gli esegeti che con i loro studi approfondiscono la parola di Dio rivelata nella Bibbia per far conoscere al cristiano il modo di intendere e interpretare non solo determinati fatti e avvenimenti, ma anche singole e semplici parole. E questo lavoro va avanti fin dall’origine del Cristianesimo, fin dai Padri Apostolici che ci hanno lasciato esempi d’interpretazioni ancora oggetto di ammirazione per le loro intuizioni. Per esempio: passaggio del Mar Rosso e Battesimo, manna ed Eucaristia, salvezza portata dal serpente di bronzo innalzato sull’asta nel deserto e salvezza data dalla Croce di Cristo, ecc. Sono solo qualcuna delle intuizioni dei Padri Apostolici.

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